Emanuela Orlandi, convocato in commissione Giuseppe Pignatone: chi è e cosa lo lega alla scomparsa
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Dopo mesi dalla nascita della commissione bicamerale d'inchiesta su casi di scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, è stata fissata l'audizione al dottore Giuseppe Pignatone, che dieci anni fa, alla fine del mese di ottobre, in qualità di procuratore di Roma, ha chiesto e ottenuto l'archiviazione delle indagini sul caso Orlandi per mancanza di prove.
All'epoca fra gli indagati figuravano esponenti della banda della Magliana; Sabrina Minardi, dalle dichiarazioni della quale è scattata l'inchiesta; Marco Accetti e anche monsignor Pietro Vergari. Quest'ultimo avrebbe definito Pignatone in chiamata con la vedova di De Pedis "procuratore nostro", instillando il dubbio, nella famiglia e in chi indaga oggi, che possa esserci un legame fra loro. Anche per questo c'è molta attesa nell'appuntamento di giovedì prossimo.
Chi è Giuseppe Pignatone: dall'indagine per mafia al ruolo in Vaticano
Dietrofront della commissione bicamerale d'inchiesta che, dopo un primo momento in cui era messa in dubbio l'intenzione di convocare il procuratore, come appreso da Fanpage.it, non ha potuto fare altrimenti. L'audizione è prevista per giovedì prossimo e c'è grande attesa.
Nato nel 1949, Giuseppe Pignatone dal 2019 ha ricoperto la carica di Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano fino al 31 dicembre 2024, quando ha rassegnato le dimissioni per aver aggiunto i limiti di età fissati per la magistratura vaticana. La reazione dal Vaticano è stata quella di ringraziarlo per i servizi resi in questi anni. "Ringraziamolo pure – è stata l'immediata reazione di Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela – A quanto pare ci sono diversi tipi di benefattori della Chiesa. C'è chi viene ricompensato con una tumulazione in una Basilica (riferendosi a De Pedis, ndr) e chi viene nominato presidente del Tribunale Vaticano".
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Nel frattempo, però, nei mesi precedenti alla decisione, nei suoi confronti è partita un'indagine gestita dalla Procura di Caltanissetta per presunti legami con la mafia negli anni Novanta nell'ambito dell'inchiesta sul presunto insabbiamento dell'indagine su mafia e appalti, nel 1992.
Noto anche per il ruolo che ha rivestito nell'ambito dell'inchiesta Mafia Capitale, termine che ha utilizzato fra i primi, all'epoca delle indagini era in corso il suo mandato di procuratore di Roma. In quegli stessi anni, non appena iniziato il suo incarico, è stato lui a chiedere e ottenere l'archiviazione dell'inchiesta (la seconda, dopo quella partita nel giugno 1983) sul caso di scomparsa di Emanuela Orlandi.
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Cosa lega Giuseppe Pignatone al caso di scomparsa di Emanuela Orlandi
Ma perché Pignatone ha chiesto la chiusura delle indagini sul caso Orlandi? Apparentemente, le cause sono da rintracciare nella mancanza di prove consistenti. Eppure, come anticipato, dietro questa motivazione non è da escludere che possano celarsi altre ragione. Prima, però, è bene ricordare cosa ha portato a riaprire le indagini. Tutto ha avuto inizio con alcune rivelazioni di Sabrina Minardi nel 2006, partener di Enrico De Pedis, detto Renatino negli anni Ottanta.
All'epoca De Pedis era una delle personalità più influenti della malavita romana, in quanto leader (nonostante gli avvocati della famiglia ne abbiano più volte minimizzato il ruolo anche nella stessa commissione bicamerale d'inchiesta, ndr) della Banda della Magliana. Secondo la donna, Emanuela Orlandi sarebbe stata rapita da De Pedis su richiesta di qualche figura religiosa. "Per dieci giorni è rimasta nascosta in una stanza di casa mia a Torvajanica, poi spostata a Monteverde, in un appartamento con grandi sotterranei – ha dichiarato al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e alla pm Simona Maisto, morta nel 2022 – Poi è stata accompagnata in auto ad un distributore di benzina del Vaticano, lasciata ad un prete".
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Da questa ricostruzioni è stata aperta questa nuova inchiesta, a più di venti anni dai fatti. Fra gli indagati risultavano la stessa Sabrina Minardi; Sergio Virtù, indicato come l'autista di fiducia di De Pedis; Angelo Cassani detto Ciletto; Gianfranco Cerboni, detto Giggetto e, infine, monsignor Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant'Apollinare dove, come si sarebbe scoperto presto, fino al 2012 era stato sepolto De Pedis.
La scoperta della tomba di De Pedis nei sotterranei di Sant'Apollinare
Anni prima, durante una puntata della storica trasmissione Chi l'ha visto?, si è scoperto che De Pedis era sepolto nella basilica minore di Sant'Apollinare, a Roma, come premio di alcuni favori personali svolti per la Chiesa. Ad accordare la sepoltura del noto criminale sarebbe stato il rettore della basilica, che lo aveva conosciuto mentre era cappellano in carcere, dopo aver ricevuto, a sua volta, il benestare del del vicario di Roma, il cardinale Ugo Poletti, anche lui legato alla vicenda Orlandi secondo quella che è stata ribattezzata come pista di Londra.
Da qui avrebbe avuto inizio la cosiddetta "trattativa" fra Stato, rappresentato da Capaldo e Maisto e Santa Sede, rappresentata invece dal capo della gendarmeria vaticana Domenico Giani e il suo vice, Costanzo Alessandrini, in seguito incaricati anche di stilare un dossier sulla scomparsa della ragazzina. Tutte le persone citate sono state già ascoltate in commissione, riportando ognuna la propria versione dei fatti.
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Chi è don Vergari e cosa c'entra col caso Orlandi e con Pignatone
Oltre a loro è stato ricevuto anche monsignor Vergari, oggi novantunenne. "Lei non la conoscevo, lui era un uomo buono – ha spiegato Vergari in commissione, prima di aggiungere che giudicava potesse "essere vera" la pista che legava De Pedis ad Emanuela Orlandi nella sua audizione considerata "accanimento terapeutico" da Gasparri, scatenando la rabbia del fratello, Pietro Orlandi.
Don Vergari, però, prima di essere testimone dei fatti, era stato indagato per il caso Orlandi. Il religioso, quando Emanuela Orlandi è sparita in quel tragico 22 giugno 1982 dopo la sua lezione alla scuola di musica, rivestiva già il ruolo del rettore nella basilica di Sant'Apollinare, la chiesa che si trova attaccata al luogo in cui la quindicenne prendeva le sue lezioni. "Impassibile e sempre silenzioso, suor Dolores, la direttrice della scuola di musica, non voleva che le ragazze della scuola di Emanuela entrassero in contatto con lui", ha spiegato anche il giornalista Gianluigi Nuzzi.
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Don Vergari su Pignatone alla vedova di De Pedis: "Ora arriva il procuratore nostro"
Fra estumulazioni di tombe, nuovi elementi e indagini, a cui ha partecipato anche l'agente Vittorio Rizzi che oggi, dopo oltre dieci anni, è diventato direttore dei servizi segreti, fra il 2006 e il 2015 sono proseguite gli accertamenti sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e sul ruolo degli indagati. Eppure, in una telefonata con la vedova di De Pedis, Don Vergari avrebbe provato a tranquillizzarla. "Non preoccuparti – si sente dire – Adesso arriva il procuratore nostro". Un'espressione che è rimasta sospesa, come presagio di quanto sarebbe avvenuto pochi mesi dopo. In Procura a Roma, infatti, è subentrato Pignatone. Le indagini sono state chiuse per mancanza di prove consistenti e, di conseguenza, anche il ruolo degli indagati (che non sono mai stati assolti perché non giudicati in processo) sono crollati e archiviati.
Dall'Italia al Vaticano: Alessandro Diddi come Pignatone
Pignatone, però, non è l'unico che dopo la carriera in Italia, nonostante alcune critiche arrivate dai colleghi, fra i più noti probabilmente Giovanni Falcone, si è spostato a lavorare in Vaticano. Oltre a lui anche Alessandro Diddi, avvocato in Italia e promotore di giustizia vaticana (che attualmente sta gestendo le indagini sul caso Orlandi, ndr) nella Santa Sede. Lo ha ricordato di recente Pietro Orlandi nel vodcast di Fedez e Mr Marra, Pulp Podcast.
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Lo stesso Diddi, inoltre, aveva preso parte all'inchiesta di Mafia Capitale assistendo Buzzi e Carminati, rientrato da poco in carcere, dopo la messa in onda della puntata del podcast. Quest'ultimo, che già gravitava intorno ai Nar e alla Banda della Magliana, in particolar modo con alcune dichiarazioni rilasciate nel processo, quando ammette che nella rapina in un caveau non ci sarebbero stati solo soldi, potrebbe conoscere qualcosa di più sul caso Orlandi.
"Non ho nulla contro Diddi – ha commentato Fedez durante il podcast – Ma se la volontà è quella di fare chiarezza, avrebbero potuto chiamare delle persone lontane da questo cerchio un po' strano". E nel frattempo l'auspicio è che, con questa prossima audizione, un po' di chiarezza sul caso possa arrivare.